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CARESANA - Profughi somali ed eritrei: quelli ospitati alla Casa di Riposo se ne sono andati, quelli del Castelletto sono ancora qui - Ma domani se ne andranno - Emergenza che sconvolge gli schemi: inadeguati tanto i buonismi, quanto gli egoismi

Alle 10 di stamane lunedì 24 marzo se ne sono andati anche quelli del Castelletto - Claudio Tambornino e Sergio Cavagliano hanno retto praticamente da soli due giorni veramente difficili

Aggiornamento lunedì 24 marzo – ore 12, 30

Se ne sono andati anche loro.

Erano da poco passate le 10 di stamane quando gli 11 rifugiati politici che ieri sera erano rimasti alla Tenuta Castelletto, hanno fatto – si fa per dire – le valigie .

Non proprio “ insalutati ospiti ”. Hanno salutato e ringraziato il padrone di Casa, Sergio Cavagliano, che ancora ieri sera aveva preparato loro la cena.

Poi hanno preso la strada per Vercelli.

Si conclude qui la breve epopea dei profughi eritrei e somali (a tutti è riconosciuto lo status di rifugiati politici: quindi sono liberi di andare dove vogliono in Europa) giunti sabato a Caresana.

Ne restano solo due: uno è ricoverato, sin dall’altra sera al S.Andrea, dove è rimasto colpito da insufficienza renale. Insieme agli altri era stato ricoverato nel pomeriggio nel nosocomio cittadino per le verifiche sanitarie e per la disinfestazione da pediculosi.

L’altro è rimasto alla Casa di Riposo di Caresana, poiché ha smarrito i documenti e quindi dovrà attendere che dalla Questura di Vercelli gli arrivino i duplicati.

In giornata di ieri alcuni di loro si sono informati di quanto costasse il biglietto ferroviario per Milano, altri quello per Torino.

Tutti avevano con sé piccole quantità di denaro sufficienti per raggiungere località non troppo distanti.

Quale sarà il loro futuro al momento non si sa.

Di sicuro, tutti i 38 profughi possono andare dove credono perché, come si ripete, sono rifugiati politici.

La situazione è monitorata dalle Forze dell’Ordine.

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E’ un uomo ricco.

Ha (tra l’altro) una tenuta che è una vera gemma di archeologia rurale.

La sta restaurando re – inserendola in un contesto “vivo” che sappia parlare non solo della vita di ieri delle nostre comunità agricole, della Bassa Vercellese, ma anche agli uomini e donne di oggi per offrirsi poi a quelli di domani.

Ha una professionalità invidiabile, che gli assicura anche la generalizzata stima e riconoscenza dei suoi compaesani: lo chiamano “la freccia della Bassa” perché si precipita quando qualcuno in Caresana e nei paesi limitrofi non sta bene. E’ un Medico condotto come si usava una volta.

Ha una bella famiglia, unita. Le figlie studiano e lavorano con risultati buoni e non di rado eccellenti.

E’ quasi mezzanotte di questo lungo sabato 22 marzo e lo raggiunge la telefonata della moglie. Potrebbe tornare tranquillamente a casa, si vede che è stanco (non è più un giovanotto) dopo questa giornata. Sul posto, del resto, ci sono persone a sufficienza (suoi collaboratori, autorità, arriveranno anche le  Forze dell’Ordine) per garantire la migliore accoglienza dei profughi; lui potrebbe tranquillamente tornarsene a casa per andare finalmente a dormire.

Ma preferisce di no:”E’ meglio che stia qui a fare gli onori di casa”.

Alla rassegnata Signora dice proprio così: gli onori di casa.

Onori a poveri disgraziati (li sentiremo dalla sua viva voce nel filmato in home page) che non sanno più cosa sia una casa e che ora stanno arrivando qui alla Tenuta Castelletto per essere ospitati (due giorni o due mesi, per lui è lo stesso) in attesa di conoscere quale strada potranno prendere. Difficile che tornino in Eritrea o in Somalia da dove provengono.

Lui è Sergio Cavagliano.

E’ stato Sindaco di Caresana, è il medico amato e stimato in tutta la Bassa. La freccia della Bassa. E’ sicuramente un privilegiato della Provvidenza. E sembra avere soprattutto una preoccupazione: quella di rendere conto all’Eterno Padre di come stia cercando di restituire i doni ricevuti aiutando i propri fratelli che sono nella prova, nel bisogno.

Nessuno gli ha regalato niente nella vita, si è fatto tutto da solo, ma per lui tutto è dono, tutto è dono da condividere.

Non è facile reggere e misurarsi con questa crisi, che parla in modo eloquente di come l’ Italia sia lasciata da sola a gestire una emergenza mondiale.

E’ protesa come un enorme molo lungo il Mediterraneo.

Ci sono due verità: la prima è che queste persone – comunque sono diseredati in fuga da mondi ostili ed invivibili – non possono essere rimandati in mare a morire.

La seconda è che il nostro Paese deve a sua volta ricevere aiuto dall’Europa, altrimenti non potrà essere veramente ospitale nei confronti di questi diseredati.

Forse questo la Signora Angela Merkel non lo ha ancora compreso, ma se desse un’occhiata ai commenti che sui Social Network fioccano in queste ore sul caso Caresana, avrebbe qualche indicazione

Già in nottata (è da poco passata la mezzanotte del 22 marzo) è chiaro che non sarà – quella dei profughi:  a tutti i 40 è riconosciuto lo status di rifugiati politici – una permanenza lunga.

Qualcuno di loro non vorrebbe essere fotografato.

Oggi Cavagliano ha conversato al telefono con un connazionale di uno di loro che sta in un’altra città italiana e che ha detto candidamente: domani (lunedì per chi legge, ndr) vanno a Torino.

Lo sapevano dunque tutti, ma oggi ci si trova con questa sorpresa: gli eritrei ed i somali che erano stati alloggiati alla Casa di Riposo se ne sono andati tutti, a piedi.

Possono farlo, perché sono, appunto, rifugiati politici.

Nella struttura residenziale, come al Castelletto, erano tutti uomini. Presente alla Casa di Riposo una sola donna, moglie di uno di loro.

Ieri (sabato pomeriggio) la Signora ha telefonato ad un parente in Germania e si è anche in quel caso capito chiaramente che stavano organizzando la loro trasferta.

Ora – sono le 19 di domenica 23 marzo – Cavagliano è in Cucina al Castelletto che, con i suoi aiutanti, prepara la cena per i suoi ospiti.

Con lui la Croce Rossa.

Claudio Tambornino, Sindaco di Caresana (era il Vice di Cavagliano fino alla fine del loro primo mandato amministrativo) per tutta la giornata di ieri ha dovuto fare i conti con gli umori (ed i malumori) del paese.

Si è prodigato per oltre 18 ore filate perché tutto andasse per il meglio. Ma non ha potuto fare a meno di scontare le perplessità che in molti gli hanno manifestato.

Saremo al sicuro, con questi nuovi arrivi? Hanno malattie?  Tanti di noi non stanno forse peggio di loro? Noi, chi ci aiuta?

Anche in questo caso, c’è la contraddizione, che rimane aperta, tra due verità.

Abbiamo tutti il dovere di aiutare questi e tanti altri migranti così simili ai nostri progenitori che per tutta la prima metà del ‘900 cercarono altrove una vita che non fosse loro matrigna.

Ma in tanti di noi incomincia a farsi largo non già l’egoismo, bensì l’istinto di sopravvivenza: c’è in molti la paura di vedere erose dalla crisi le ordinarie certezze di una vita onesta, che sembrava fino a ieri procedere su binari tranquilli.

C’è la rabbia perché sempre più persone nostre connazionali incominciano a conoscere la miseria e la fame.

Risuonano con cadenza “insonne, sorda”, come quel vecchio rimorso di cui parlò Cesare Pavese, le parole udite da una giovane mamma rimasta senza lavoro e che avrebbe voluto “solo” una vita "modesta, ma onesta". E per la sua creatura “un tetto”  e “un futuro”. Niente di più.

Quanti di noi non hanno più nemmeno questo? Quanti temono di perdere, stremati ormai dalla crisi, anche “solo” questo da un giorno all’altro?

A questi nostri connazionali condotti alla soglia della disperazione chi restituirà speranza?

Eppure tutto questo dice di una ancora maggiore, non certo minore, urgenza di comportamenti solidali.

Anche per questi infelici somali ed eritrei, che Caresana non sanno nemmeno dov’era e certo non intendono studiarne la storia. Vogliono andare via – a torto o a ragione -  in cerca di un futuro che pensano di sapere già oltre quali confini sia.

Lasciamoli andare senza che siano inseguiti dalla nostra acredine, anche se talvolta giustificata dalle nostre frustrazioni e dalla nostra paura del futuro.

In giornata di oggi molti si sono rivolti al nostro giornale per sapere se e dove recapitare generi di prima necessità (indumenti, viveri).

Data la situazione, consigliamo di inviare una mail a info@vercellioggi.it rappresentando le eventuali disponibilità: monitoreremo la situazione per segnalare poi se saranno ancora necessari o no questi aiuti.

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