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CI PRENDETE SEMPRE PER LA NOSTRA DEBOLEZZA - Così amaramente concludeva Roberto Bertini - Un’amicizia, quella che avrebbe ispirato le "dazioni" a Cortopassi, Zanotti e Co., che non ha convinto il Pubblico Ministero

le richieste sanzionatorie - 4 anni di reclusione (5 di interdizione dei Pubblici Uffici) per Zanotti; 3 anni e 4 mesi per Cortopassi (5 di interdizione); 2 anni per Caterina Silva e Marco Acerbo; un anno e 4 mesi per Paolo Bello e Marzio Sguotti. Assoluzione per Michele Cressano

E’ puntuale e circostanziata le requisitoria del Pubblico Ministero Davide Pretti, chiamato stamane in Aula per trarre le proprie conclusioni nel dibattimento che vede imputati Francesco Zanotti ed Alberto Cortopassi, che rispondono delle contestazioni di concussione ed i Funzionari e Dirigenti dell’Amministrazione provinciale di Vercelli Marco Acerbo, Caterina Silva, Marzio Sguotti, Paolo Bello  e Michele Cressano. Per loro l’imputazione è di falso ed abuso d’ufficio.

Esposizione puntuale, che si avvale di una premessa idonea a richiamare il “contesto” nel quale l’inchiesta è nata.

Contesto che è quello della “Provincia da bere” - si passi il parallelo con la Milano degli Anni ’80 e ’90 – ambiente nel quale matura lo scandalo di cui fu protagonista l’allora Presidente Renzo Masoero.

Fino al gennaio 2010 il meccanismo funzionava come un orologio e mai si erano uditi sussulti.

Poi, a gennaio, l’imprevisto che avrebbe mandato in crisi il sistema.

Masoero viene candidato alla Regione.

Sappiamo come andarono le cose.

Il Consigliere uscente era Luca Pedrale e occorreva – da parte dell’ “anima” (brivido, ndr) di An in seno al Pdl – bilanciare il peso di un uomo ex Forza Italia con un finiano.

Alberto Cortopassi ha già in tasca la candidatura sicura, privilegiata, nel “listino”, quelli che riescono – o tutti o nessuno – se è eletto il Presidente (Roberto Cota).

Quale nome migliore che quello del popolarissimo Presidente Masoero?

Ma lui è colto di sorpresa, la candidatura costa e così – sono gli atti del processo conclusosi con il patteggiamento dell’imputato – deve guardarsi attorno per racimolare fondi per la campagna elettorale.

E’ proprio in questa occasione che emerge il ruolo assunto,  secondo l’Accusa, da Francesco Zanotti. Secondo l’Accusa, ma, a sentire le registrazioni ambientali e telefoniche, secondo soprattutto Masoero e Iuri Toniazzo, il suo Capo di Gabinetto, una sorta di Antonio Maccanico in sedicesimo.

“Ho già parlato con Zanotti” (registrazione 4 febbraio 2010) dice il Presidente a Iuri.

Perché è necessario fornire ad una certa impresa della Valle d’Aosta delle garanzie (la costruzione di “un paio di rotonde”) così che gli imprenditori elargiscano soldi per la campagna elettorale.

Poteva Zanotti influire sulle gare d’appalto e sul loro esito?

E’ proprio questa la tesi del Pubblico Ministero che prosegue nella illustrazione del proprio impianto accusatorio riferendosi ancora ad intercettazioni ambientali e telefoniche. Registrate e poi trascritte nei volumi che sono agli atti del procedimento.

Tra queste, quella nella quale – siamo già dopo l’arresto di Masoero – nel marzo 2010, Zanotti si rivela piuttosto sicuro di sé. Se ci saranno sviluppi delle indagini, sarà Caterina Silva, il Capo dell’Ufficio Tecnico a risponderne: se scoprono qualcosa la prima a risponderne è lei.

Perché questo è un po’ l’ “ambiente” nel quale la vicenda si svolge e che caratterizza lo scenario – è questa la ricostruzione della Pubblica Accusa – in cui può darsi che un Assessore influenzi le gare.

Se qualcosa va “storto”, cioè se qualcuno vince perché ha fatto l’offerta migliore, come ad esempio accadde alla Lis di Serravalle, allora si chiama il titolare (nel caso, Pietro Barone) per convincerlo a cedere una quota del contratto ad imprese amiche.

Se questo non avviene, allora l’impresa è come “depennata” da un paradossale “albo” dei fornitori “di fiducia”. Ed è proprio Barone a dire, interrogato in udienza nel corso del dibattimento, che da allora in poi non avrebbe più vinto gare.

Quella volta ne fecero le spese quelli dell’impresa valdostana che – secondo le registrazioni – era a questo punto in diritto di vedere qualcosa di concreto prima di mettere mano al portafoglio perché – è sempre l’audizione delle registrazioni ad evidenziarlo – fino a quel momento di concreto, il Presidente riconosce che avessero visto solo “un c…” nel “c…”.

Ai propri interlocutori la Provincia deve garantire, invece e sia pure a suo modo, una sorta di “correttezza” di comportamento. Non può deluderli.

Alle imprese che stanno al gioco, amiche, bisogna “correttamente” garantire il risultato.

Ma inquadrare il contesto in cui le vicende si consumano non ha solo lo scopo, pur importante di offrire al Collegio giudicante un quadro completo della situazione, con l’intreccio tra relazioni politiche, amministrative, imprenditoriali.

Ha anche lo scopo di seguire con la massima adesione al suo evolversi una normativa che ora – in certo senso e si passi l’espressione da profani – “sdoppia” il reato di concussione.

Che ora trova anche una sua previsione in quella parte del Codice Penale riformata dalla Legge c.d. “Severino” (dal nome del Ministro della Giustizia del tempo). Si tratta del reato previsto dall’art. 319 quater, che illustra appunto il reato di “concussione induttiva”, meglio detta “Induzione indebita a dare o promettere utilità”.

E’ proprio questa lettura della nuova norma a smontare – sempre secondo l’Accusa – anche le tesi delle difese che volevano – ad esempio l’imputato Alberto Cortopassi – non responsabile di concussione poiché non avrebbe “chiesto” i soldi che gli stessi imprenditori Paolo Tarditi e Roberto Bertini hanno in aula ammesso di avere elargito.

Il Pubblico Ministero si richiama alla previsione della nuova norma, come riformata nel decreto anticorruzione, per sostenere che Impresa Lauro di Borgosesia e Bertini coltivassero “amicizie” con Cortopassi ed i politici utili ad assicurare loro di non fare la fine della Lis e di Barone.

Sono quelle imprese che, nelle intercettazioni, Cortopassi chiama “i miei rubinetti” diffidando (dice “vietato”) Masoero dall’andare – anche lui – a “non chiedere” soldi a loro.

Era un’amicizia sincera?

E’ il Sostituto Procuratore a suggerire una risposta esauriente a questa domanda, di nuovo citando una intercettazione telefonica rimasta celebre, quella tra Zanotti e l’imprenditore Bertini.

E’quest’ultimo a telefonare, per chiedere – rispettosamente – che gli fosse pagata una fattura.

Zanotti alza il telefono ed esordisce non – come ci si potrebbe aspettare – con un “ciao, amico”, ma con un perentorio: posso mandarti affanc…?!

Il Bertini, nonostante questo, si permette di insistere ed allora Zanotti è formale.

Non è lui che si occupa dei pagamenti. Se continua così: ognuno per sé e Dio per tutti.

Sicchè amaramente Bertini china il capo: ci prendete sempre per la nostra debolezza.

Ecco, questa era l’ “amicizia” che permeava i rapporti nella “Provincia da bere” nei primi anni del Terzo Millennio.

Nulla di nuovo sotto il sole: dall’amico mi guardi Iddio, che dal nemico mi guardo io.

La requisitoria si conclude con le richieste sanzionatorie di cui abbiamo già riferito: 4 anni di reclusione (5 di interdizione dei Pubblici Uffici) per Zanotti; 3 anni e 4 mesi per Cortopassi (5 di interdizione); 2 anni per Caterina Silva e Marco Acerbo; un anno e 4 mesi per Paolo Bello e Marzio Sguotti. Assoluzione per Michele Cressano, l’unico che esce contento dall’aula “Carmine De Donato” a Palazzo di Giustizia, oggi 2 luglio 2014.

Il Collegio (Antonio Marozzo Presidente; a latere Arianna Pisano e Maurizio Laguzzi) rinvia quindi per per l’arringa dei difensori e le repliche

Appuntamento al 16 settembre prossimo.

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