( g. g. ) - “Si va avanti con il sorriso, allegri e
frementi”.
Matteo
Renzi chiude così, citando Joseph
Conrad ( Linea d’ombra ), l’Assemblea Nazionale del Pd che porterà alla
pressoche certa secessione di una parte del partito.
E già la citazione di Conrad ( la prossima volta magari toccherà a Truman Capote, così per cambiare ) lascia
intuire che la radice del Pd affondi dove può: forse in ambiente direttamente idroponico.
Segni,
anche questi, dei tempi.
***
Ma lasciamo ai notisti di politica nazionale l’incombente di capire
l’inespresso e forse l’inesprimibile e tentiamo invece – è il nostro quotidiano
cimento – di comprendere e decifrare
se e come la scissione possibile
del Pd abbia ricadute e quali sul quadro
politico vercellese e valsesiano.
***
Andiamo,
come sempre, con ordine.
Intanto, guardiamo alle forze in campo.
Sono sostanzialmente quelle che avevamo “fotografato” nel nostro
articolo di qualche giorno fa.
Leggi anche:
https://archivio.vercellioggi.it/dett-news?id_portale=2&id=71729
Il momento è di tensione statica e per varie ragioni.
La
maggioranza in Comune di Vercelli è praticamente ostaggio del
diciassettesimo voto, a prescindere da chi sia ad alzare o non alzare, di volta
in volta, la mano.
In realtà, chi può
permettersi di farlo davvero – alzare o non alzare – non sono
poi molti.
Sono quelli
che non hanno più interesse ad
essere candidati la prossima volta.
Che potrebbe essere nel 2019 oppure anche prima, come vedremo tra
breve.
Uno che molto probabilmente passerà la mano – si è più volte
espresso in questo senso – è proprio il numero due dell’Amministrazione Forte, Emanuele Caradonna, storico leader dei
socialisti in terra eusebiana.
La
definizione delle legittime aspettative di Caradonna è, peraltro, assai semplice e prossima: per lui è
già preparato da tempo lo slot nel board di Atena Trading e – non appena
passata la votazione sul bilancio di previsione – il posto sarà suo.
L’attesa di qualche
riconoscimento in Atena è del resto più che fondata da parte dell’ex Presidente
del Consorzio dei Comuni.
Presidenza che risale al 1990, ma che comunque resta un titolo.
Perché – corsi e ricorsi storici? – Caradonna non è nuovo
all’impegno di assicurare il voto decisivo per tenere in piedi una maggioranza.
I meno
giovani ricorderanno quella calda Estate dell’anno 1990.
Dc e Psi dovettero fare i conti con i dissidenti della Democrazia
Cristiana.
Quattro Consiglieri Comunali che, per protesta, si rifiutavano di
votare la Giunta del Sindaco Fulvio Bodo.
Protestavano perché il politburo di allora voleva mettere in Giunta
a Vercelli un Assessore che aveva da poco rimediato un rinvio a giudizio per
reati contro la Pubblica Amministrazione.
Sarebbero così mancati i 21 voti, senonchè in soccorso della
maggioranza di Fulvio Bodo vennero, appunto, i socialdemocratici con Emanuele Caradonna.
Primo escluso tra i socialdemocratici che in Consiglio avevano
eletto Ferruccio Zanetto.
Ma il noto Medico vercellese di sostenere la Giunta Bodo non ne
voleva sapere.
Si dimise e subentrò proprio Caradonna che invece appoggiò. Poi il
riconoscimento politico fu la Presidenza del Consorzio dei Comuni.
Con loro anche il liberale Carlo Albricci, che forse aveva ricevuto
l’ispirazione sotto la volta stellata di qualche officina massonica.
Maggioranza risicata, di uno – allora i Consiglieri Comunali erano
40 – che però funzionò egregiamente.
Anche allora andarono “avanti con il sorriso allegri e frementi”.
Ma ecco
cosa poteva scrivere il foglio di critica politica “La Risposta”, edito per
due soli numeri, prima di essere seppellito dalle querele:”Chiede e ottiene la staffetta in Assessorato con Albricci (fra due anni
ne vedremo delle belle) la Presidenza del Consorzio dei Comuni, la Presidenza
di una grande Municipalizzata, e l’Assessorato in Provincia per Fiorenzo Tasso”.
***
Era l'Estate 1990. Andarono
anche allora avanti “con il sorriso allegri e frementi”.
Per un po’.
***
Ma ora è il momento di vedersi riconoscere l’impegno del Pd,
assicurato il 13 dicembre 2015 quale doverosa contropartita politica per sostenere l’operazione Atena – Iren.
Si votò il successivo giorno 17, ma la domenica precedente non
passò invano, sicchè si acquisì non tanto o non solo l’impegno per il voto di
Cambia Vercelli, ma soprattutto l’autorevole via libera del leader: perché i voti – come insegnava Enrico Cuccia – non si contano soltanto, si pesano.
***
Dunque lo slot in Atena Trading è un po’ il minimo che si possa
deferire alla correttezza dei rapporti tra forze politiche.
***
Poi ci sono
un po’ tutti quelli che invece, per un motivo o per l’altro, pensano di volersi ancora candidare nel 2019
o giù di lì.
Perché?
Perché così a loro piace e quindi è più che legittimo che così
avvenga.
A
costoro il Politburo del Pd sta dicendo qualcosa come: guardate, Signori cari, che se fate casino
oltre il limite, nel 2019 non vi candidiamo più.
E allora questi – diciamocelo – se la fanno addosso e stanno
quieti.
Perché i renziani vercellesi non sono poi diversi da quelli romani
e soprattutto da Renzi stesso.
Dicono qualcosa come: guardate,
intanto la Giunta non si tocca fino alla fine.
E’ come un bon bon.
E’ un
peccato toccare una equipe così efficiente, sagace, volitiva,
lungimirante, capace.
Quindi,
non rompete i marrons e pedalate, se no non vi candideremo nemmeno.
E loro ci stanno. Abbozzano.
Nel timore
di prenderlo in quel posto nel 2019, incominciano a prenderlo in quel posto già ora.
Arriveranno preparati.
Questione di continuità nell’impegno.
Senza – per
dir così – afasie.
***
La variabile ora potrebbe essere rappresentata proprio dal fatto
che – costituendosi una nuova forza di sinistra, la candidatura potrebbero
rimediarla proprio lì in quella compagine di cui il Politburo, per essere certo
della conferma di Maura Forte,
qualche bisogno l’avrebbe.
Perché - a proposito della conferma del Sindaco – se ne
possono dire tante: che ci penseranno i poteri forti, che ci penseranno i mondi
vitali, che ci penseranno i corpi intermedi.
Ma se non
ci penserà il Pd in fondo non è che tutti questi pensieri poi possano fare più di
tanto.
Che,
appunto, deve prima di tutto pensare a raccogliere i voti.
Sicchè tutto viene “a taglio” – dicevano le nostre nonne – anche le
unghie da pelare l’aglio.
E figuriamoci come verrebbe a taglio una seconda forza di sinistra.
E se in quella forza fossero candidati i rompicoglioni che fossero
in candidabili nel Pd pazienza.
I guai – ma a ciascun giorno la sua pena – salterebbero comunque
fuori per il dopo, per la costituzione (se il Pd fosse di nuovo vincente) di
una Giunta Forte II.
Unica
certezza: Assessore al Bilancio Marco Ricciardiello.
Prefiero la muerte que vivir sin verte.
Il commercialista vercellese e santhiatese ora membro del CdA in
Casa di Riposo ( dove peraltro Dio solo sa quanto occorre un bravo
Commercialista ) è l’unico certo già ora di entrare in Giunta nel 2019.
Poi sarebbe
il tutti contro tutti.
***
Quanto
andrà avanti la Giunta Forte Uno?
Ecco,
questa è una variabile in divenire.
Ma non per la banale ragione rappresentata dal fatto che possa
mancare o non mancare un voto.
Molto dipende da come uscirà dalle Camere la nuova Legge elettorale
per il Parlamento.
Ma – di
nuovo – andiamo con ordine.
Bisogna infatti sapere che è
molto più di una ipotesi il “decollo” del
Primo Cittadino verso Montecitorio.
Ma al Primo Cittadino non si può imputare né ingenuità né
imprudenza.
Sicchè, se resteranno i
posti nel “listino”, cioè i sei o sette sicuri per ciascun partito, con i
candidati designati dalle Segreterie, è assai probabile che uno di questi sia
proprio per Maura Forte.
Che invece non si vedrebbe perché dovrebbe andare a rischiare nella
corsa alla preferenza in zona proporzionale, anche se in un collegio piccolo.
O addirittura uninominale, ma con il Pd in trend discendente.
E’ ancora un po’ tutto per aria, peraltro e quindi si lavora anche
un po’ di fantasia, almeno fino a che non saranno ferme le bocce della Legge
elettorale.
***
Si apre comunque
il problema deroghe.
Di che
si tratta?
E’ materia per addetti ai lavori, ma conviene incominciare a
pensarci.
Nel Pd (ammesso che esistano ancora regole) vigono queste
preclusioni.
Intanto, un Parlamentare non può essere candidato per più di tre
mandati.
E sarebbe il caso – nel 2018 – dell’On. Luigi Bobba, salvo deroghe.
Ma anche: una personalità che abbia già una carica, non può essere
candidata al Parlamento
E sarebbe il caso di un Sindaco di Capoluogo di Provincia oppure di
un Consigliere Regionale.
Come appunto il Primo Cittadino di Vercelli, che nel 2018 sarebbe
ancora in carica.
Quindi non candidabile dal Pd, salvo deroghe.
Che potrebbero però arrivare (le deroghe) perché in fondo ad un Pd
magari amputato di un’ ala secessionista, farebbe bene candidare un Sindaco,
per di più donna, per di più alta in graduatoria de “Il Sole24Ore” tra i
Sindaci con indice di gradimento.
Per di più che si è fatta un sacco di meriti nel Pd regionale.
Perché è chiaro che se al cantiere di Amazon lavora l'impresa Techbau al potente Aldo Reschigna non può che fare piacere.
Così come se Novacoop porta a casa l'operazione Area Montefibre, di nuovo fa piacere un po' a tutti nel Pd regionale e nazionale.
***
Quindi, per quanto riguarda le candidature, sarebbe tutta da
giocare e bisogna vedere se l’On. Bobba abbia poi tutto questo interesse a
farsi crescere ulteriormente in casa il principale concorrente.
***
In caso di
decollo alla Camera del Primo Cittadino, non si pensi che le cose siano
poi così pacifiche.
Perché la Giunta non cadrebbe, in seguito alle dimissioni
(inevitabili, queste per Legge e non per regole di partito, sempre derogabili)
del Sindaco.
La Giunta andrebbe avanti fino alla scadenza naturale, guidata dal
Vice Sindaco, cioè (se fosse oggi) da Paola
Montano.
***
E qui le
cose si complicano.
Perché c’è già chi pensa – in caso di elezione di Maura Forte – di dotare gli uscieri di Palazzo Civico di
Kalasnikov con l’ordine di abbattere a vista gli Assessori superstiti.
Sarebbe – dicono i responsabili – come una scolaresca senza
Maestra.
Ma a ciascun giorno la sua
pena.
Per ora
vanno avanti “con il sorriso, allegri e frementi”.
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