Dev’essere stato un
brutto momento, quello di oggi, domenica 31 gennaio, per
il Gruppo del Pasqua.
Bisogna anche capirli.
Si preparano all’aperitivo
quando, di botto, ecco la notizia.
Quella che non si vorrebbe
mai vedere.
Quella che fa apparire
grottesca certa messaggeria su Facebook: Fratelli d’Italia, a Santhià, sta
con Biagio Munì.
Con tutto il rispetto
per Munì, beninteso, che fa comunque dignitosamente la propria parte e, del
resto e come vedremo, quasi nulla di ciò che sta accadendo dipende da lui.
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Ma cosa succede?
Succede che, nelle
Redazioni vercellesi, nella tarda mattinata di oggi, 31 gennaio, arriva il
comunicato con cui il candidato Sindaco Alessandro Caprioglio annuncia l’ingresso
nella propria lista della candidata Paola Savio
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In sé, una notiziola,
domenicale, neutra: si capisce che la persona è, come si
dice oggi, “di spessore”.
Ma finisce qui.
Finirebbe.
Perché la Signora
Paola, da nubile, è Savio.
Da sposata è Tomalino.
E qui – in altri
tempi, ora purtroppo ci sono le limitazioni da Covid – ai pensosi convitati
sarebbero andate di traverso le prelibatezze della Casa, come la pizza al
tegamino, i tapas, le polpette di nonna Imma e tante altre cose originali,
sfiziose, di qualità, fino agli invitanti bicchierini di semifreddo, i dopocena,
sui quali sovrasta l’imperdibile “pistacchiomisù”.
Insomma, vere e proprie
ghiottonerie (ahi!).
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La sete si toglie
sempre e volentieri (forse, noi non siamo certo lì a controllare) con un
bianco, forse l’ormai tristemente famoso “Arneis”, che porta la responsabilità
di avere propiziato le atmosfere intellettuali, culla della candidatura di
Andrea Corsaro Sindaco di Vercelli
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Chi è Gianni Tomalino?
Bisogna sapere che
Tomalino è un storico esponente, prima di Alleanza Nazionale, poi, da quando c’è
Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia.
Consigliere Comunale a
Santhià nel periodo di Gilberto Canova, è stato fino a poco tempo fa nel
Coordinamento del partito.
Poi, come vedremo tra
poco, dopo il 1 ottobre il Coordinamento è praticamente svanito nel nulla.
Ma non anticipiamo i
tempi e, anzi, andiamo con ordine.
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PREMESSA CHE SI PUO’
TRANQUILLAMENTE SALTARE A PIE’ PARI, PER CHI SIA INTERESSATO SOLO ALLE ELEZIONI
DI SANTHIA’, CHE PUO’ ANDARE DIRETTAMENTE AL CAPITOLETTO: COSA E’ SUCCESSO A
SANTHIA’ -
Dunque, per
incominciare, un po’ di spiegazione dei termini.
Primo:
che cos’è il Gruppo del Pasqua.
Ma, prima ancora, cos’è
il Pasqua?
Quello della famiglia
Pasqua è un rinomato locale di Santhià che è venuto ad assumere un ruolo
importante nelle vicende cittadine e, come vedremo, anche provinciali.
Un po’ come – se i
parallelismi hanno un senso - il celeberrimo Caffè “Le Giubbe Rosse”
di Firenze.
Che non deve il nome a
suggestioni garibaldine (del resto, fu fondato nel 1896), bensì al colore dell’uniforme
del Personale addetto ai tavoli.
Non vi è intellettuale
del Novecento che non l’abbia frequentato.
Bene.
La politica vercellese si
è trovata – negli scorsi mesi – come percorsa, pervasa,
permeata da un disagio che non è stato facile nascondere.
Per motivi che non
sapremmo ricostruire, ma del resto ininfluenti ai fini di
questa esposizione, per qualche tempo non è più stato disponibile il Caffè
Marchesi di Vercelli (ora felicemente rimpiazzato da un promettente
locale, peraltro, ma nemmeno questo conta, per la presente narrazione).
Di per sé, non una cosa
che intersechi direttamente il perimetro della politica.
Nessuna secante, ma
– per dir così – una contiguità a suo modo tangente.
Senza il locale, il
Ghiottone si è ritrovato, di punto in bianco, privo di un ubi
consistam, di una cattedra dalla quale distillare apoftegmi di alta e rarefatta
politica, ma ancor più di politologia.
Senza trascurare di
dare corpo ad idee sempre capaci di suggestionare, illustrando l’attualità del
pensiero liberale moderno: pensare globale, agire locale.
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Ignoriamo chi abbia suggerito
di trasferire il cenacolo di intellettuali che attorno al
Ghiottone era solito riunirsi, dal Marchesi al Pasqua, ma sta di fatto che tale
migrazione sia avvenuta e con un certo successo.
Anche perché, il
baricentro della politica vercellese si è trovato (ri)bilanciato
non più sul Capoluogo, ormai ipotecato dalla Giunta del Niente, ma proprio
sulla città di Sant’Agata e Sant’Ignazio, dove si sono aperti i giochi per la
successione ad Angelo Cappuccio.
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Ma se questa
spiegazione può dare ragione circa la scelta del luogo, resta da chiarire il
motivo per cui si possa parlare di un Gruppo.
Secondo: il Gruppo.
Non sarebbe meglio dire,
ad esempio, “il Centrodestra”, oppure, i “dirigenti dei partiti di governo”?
All’apparenza sì, ma,
approfondendo un po’ (anche poco) la diagnosi, si hanno sorprese.
Beninteso: questo è ciò
quanto crediamo di vedere.
Se qualcuno ha opinioni
contrarie, ben lieti di ospitare tutti gli interventi che si vogliono.
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In provincia di
Vercelli, Lega e Fratelli d’Italia, di fatto non ci sono più.
Sono contenitori
svuotati.
Ohibò!
Possibile?
Vediamo.
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Lega:
in tutta Italia, e il Piemonte non fa eccezione, il Segretario Nazionale Matteo
Salvini ha aperto la stagione dei congressi, commissariando le singole
realtà locali, che ora sono rette (appunto e fino alla celebrazione delle
assise congressuali, a data da definirsi) da Commissari.
Il Commissario locale è
lo stesso On. Paolo Tiramani.
Che, però, non potrà
succedere a se stesso, in quanto, tra gli altri vincoli regolamentari, è posto
quello di assegnare le responsabilità politiche a chi non abbia incarichi
parlamentari (pare anche di Consigliere Regionale).
Niente di nuovo:
si faceva già ai tempi della Democrazia Cristiana; è un problema tipico di
quelle forze politiche con il vento in poppa, con esuberanza di risorse umane.
Si vedrà se e quando
saranno celebrati (il Covid, ad onor del vero, ci ha messo lo zampino) i
congressi e chi sarà il futuro Segretario provinciale di Vercelli della Lega.
Molto probabilmente un
alter ego di Tiramani, ma non c’è alter ego che lo sia mai del tutto.
Prima o poi, anche l’avatar
più replicante, qualcosa come: ma, in fondo, il Segretario
sono io… - finisce per pensarla.
Comunque, non sono
problemi di oggi.
Anche perché, se è vero
che non ci sono gli organismi dirigenti collegiali a livello provinciale, è
altresì vero che, soprattutto in Valsesia, di fatto ci sia un gruppo dirigente
esteso, costituito da Amministratori locali, tutto sommato validi ed in
possesso di due requisiti fondamentali: sono giovani ed amministrano bene.
In Valsesia.
Più si scende, più le
cose si fanno complicate.
Quando
poi si arriva a Vercelli si scende e basta.
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Se
è vero che questi problemi occuperanno il futuro prossimo venturo e, poi, il traguardo
del 2024, quando si dovrà vedere cosa il Gruppo penserà a proposito delle
Amministrative al Comune di Vercelli, l’attenzione dei giorni nostri è
catturata da altre evidenze.
Perché,
se, da un lato, Tiramani non ha attorno a sé gli Organismi dirigenti di un
partito con cui confrontarsi e che devono, comunque, decidere (pur
concedendo tutto ciò che si deve realisticamente ed anche giustamente concedere
alla supremazia del capo) dall’altro lato è vero che, qualcuno, attorno ce
l’abbia.
Non
gli organismi, ma una corte.
Che
è popolata da una varia umanità, certo tutta in qualche modo coinvolta nella
politica.
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Tutto
abbastanza normale, sempre sin dai tempi della Prima Repubblica.
Però,
qui c’è un però.
Perchè
il caso vercellese presenta una anomalia, abbastanza singolare.
Il
tandem tra l’Onorevole ed il Ghiottone è saldo,
a prescindere dal posizionamento politico di Alberto Cortopassi.
Che
era il suo reale braccio destro quando stava in Forza Italia e lo è ora, passato
in Fratelli d’Italia.
Il
reale numero due (e comunque il portaordini) di Tiramani, dunque, sembra essere
il Ghiottone, non un esponente della Lega.
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Fratelli
d’Italia.
Nel
partito di Giorgia Meloni le cose sembrano messe peggio.
Perché,
per il momento, il trasferimento del Ghiottone sotto quelle insegne pare avere
portato più sconquassi che altro.
Anche
Fratelli d’Italia è da ottobre 2020 che non fa più una riunione del
Coordinamento provinciale del partito.
E
qualcuno pensa, addirittura, che il Coordinamento sia ibernato, o sciolto o
forse messo sotto naftalina.
Parlano
e agiscono, per i meloniani, il Coordinatore provinciale, il giovane Emanuele
Pozzolo, che (lo vedremo anche in altri articoli, tra poche ore) non
si presenta ad una riunione senza la vigilanza di Cortopassi.
Il
quale Cortopassi è (che risulti) iscritto, ma non ha nessun incarico.
E’
ipsum esse subsistens.
Insomma,
una deriva forse tomistica dei rapporti politici, certo interessante da
studiarsi, ma che non facilita la diagnosi.
In
pratica: Tiramani parla e agisce a nome della Lega, ma
nella Lega nessuno può (non fosse altro perché non ci sono gli Organismi)
discutere di niente, tanto meno con una visione d’insieme a livello
provinciale.
Fratelli
d’Italia parla e – tramite il Ghiottone – agisce come Tiramani
meglio crede, senza che in nessun Organismo di partito nessuno possa dire
alcunchè.
Di
tutto ciò sembra proprio che agli Organismi regionali di FdI non importi un
bel fico secco.
Il
Coordinatore regionale, Fabrizio Comba, ha – dicunt –
una leadership un po’ appannata.
Il
reale plenipotenziario, ormai saldamente nel cerchio
magico di Giorgia Meloni, Andrea Delmastro, della vacuità vercellese pare
impipparsene (in un’ottica di breve periodo) tranquillamente.
E
bisogna capirlo.
Finchè
a Vercelli non matura niente di solido, a livello elettorale
dalla nostra provincia può aspettarsi di ricevere solo secchiate d’acqua,
non certo candidati ed emorragie.
Bene.
***
Come
si vede, in tutta questa narrazione non si intercetta mai, né a Santhià, né altrove,
dove stia Forza Italia.
Del
resto, non più tardi di qualche mese fa, sempre Paolo Tiramani aveva liquidato
la pratica Carlo Riva Vercellotti dando dell’incapace al Consigliere
Regionale che, di lì a poco, sarebbe stato nominato Coordinatore provinciale
dei berlusconiani.
Un
modo come un altro per introdurre elementi di moderazione nel dibattito e
gettare ponti.
– leggi qui –
Forza
Italia è del tutto assente, tanto dal Gruppo del Pasqua,
quanto dalle cose di Santhià.
E,
riservandoci di tornare in un secondo momento (per non appesantire ora più
di tanto il testo) sulle conseguenze di una politica senza partiti, torniamo
proprio a Santhià.
***
COSA E’ SUCCESSO A SANTHIA’
Diciamo
che a Santhià c’è stata la prima uscita ufficiale del Gruppo del Pasqua, la
corte di Tiramani, il nido del cuculo.
In
un primo momento si direbbe essersi severamente manifestata
la frattura profonda ed estesa tra volontà di potenza del Capo e la drammatica
insufficienza dei cortigiani.
Volontà
di potenza.
Il
solo pensare di candidare l’Unto come Sindaco di Santhià (ipotesi su cui si
sono, sempre senza confrontarsi con nessun Organismo di Partito, avvitati per
mesi) non può che essere la risultante di errori di non secondario momento,
gravi soprattutto per un politico (lo diciamo senza piaggeria alcuna) intelligente
come Tiramani.
Come
quasi sempre accade in queste occasioni, se fosse stato attorniato da
collaboratori a loro volta intelligenti, questi gli avrebbero detto un bel “no”,
sin dall’inizio e per motivi che è persino superfluo spiegare.
E’
vero che, a Vercelli, con la candidatura di Andrea Corsaro, era andata tutto
sommato bene.
Ed
è vero che, sempre tutto sommato, tra Corsaro e l’Unto non ci sia questa
gran differenza.
Ma
è altresì vero che i tempi siano cambiati.
***
Essendo,
al contrario, circondato da gregari, nessuno (immaginiamo, perché noi non
eravamo certo lì) deve avere obbiettato nulla, cercando, anzi, il modo più
altisonante per pronunciare il proprio Signorsì.
***
Ma
il peggio è venuto dopo.
Quando
i gregari si sono affacciati ai mondi vitali santhiatesi, per perorare la
candidatura dell’Unto.
E
vai con le sortite del Sagacissimo Massimo Simion.
Che,
dove toccava, lasciava il segno.
C’è
ancora gente che vuole tenere segreta la candidatura da questa o quell’altra
parte, nel timore di sorbirsi le telefonate del Sagacissimo.
Poi,
quelle del Ghiottone.
Da
ultimo – dicunt - con il Canova.
Un
incontro ispirato ad amicizia e garbo
***
Insomma,
Santhià è il primo posto in cui la “macchina da guerra” del Gruppo del Pasqua
va a schiantarsi.
Ma,
soprattutto, è il primo posto in cui il Gruppo si manifesta come soggetto
politico, paradossalmente scisso dai partiti che si è mangiato.
Come
finirà?
On
verra bien, come abbiamo imparato a dire, da certe
nostre amicizie di Lione.