Una cosa del genere forse, a
Vercelli, ce la siamo risparmiata.
Perché i
Lettori si ricorderanno che il Consiglio Comunale, il 3 aprile 2017, decise,
con una maggioranza “bipartisan”, diversa e opposta a quella istituzionale che
sostiene (sosteneva) la Giunta, di cassare la deliberazione dell’Esecutivo
con cui si sarebbe dato il via ad un “project
financing” per realizzare un forno crematoria anche in città.
Diversa la Società proponente (la “nostra”
sarebbe stata di Ischia e sta, tra l’altro, intentando causa al Comune), ma
identico lo schema contrattuale.
Come
spesso capita, una confusione di piani assolutamente pericolosa, frutto di
approssimazione amministrativa altrettanto pericolosa, ma forse anche di “tigna”
degna di miglior causa, che non vuole cedere né concedere nulla all’evidenza
dei fatti, per un malinteso senso dell’amor proprio.
Dunque cerchiamo di vedere quali
siano, i piani diversi, che devono stare distinti e, possibilmente, distanti.
Per
frequentarli poi entrambi, ma senza correre il rischio di compiere scelte che
non siano sostenute da plausibili basi logiche.
***
LA CREMAZIONE,
SCELTA RAGIONEVOLE E INEVITABILE
Da una
parte, la cultura cremazionista, con tutti i suoi valori ed il proprio carico
di futuro.
Sappiamo
bene che la cremazione, in Italia, non ha mai avuto vita facile, poiché nata in
ambito massonico (un nome per tutti, quello di Ariodante Fabretti), quindi immediatamente osteggiata
dalla Chiesa Cattolica.
Che –
per un periodo (troppo) lungo di tempo – ha a sua volta, se è permessa una
critica, confuso i piani.
Cioè ha
individuato nella cremazione una pratica sostanzialmente sacrilega o, comunque,
non rispettosa del precetto di Genesi (3, 1 – 19) “Ricordati, uomo, che
polvere sei ed in polvere ritornerai”.
Sicchè
pareva che il ciclo naturale della de-composizione, assicurata dalla inumazione
dei cadaveri fino al ritorno “umifero” alla terra, fosse impedito anche in
quanto innaturalmente accelerato proprio dalla combustione, in esito alla quale
è la “cenere” e non già la “polvere” a tornare nelle mani di altri uomini.
Che,
così, si sostituiscono (si sostituirebbero) al Principio Creatore, disponendo in
sua vece della vita umana, anche quando questa signorìa, usurpata ed impropria,
si manifestasse in quella parte ed a proposito di quella parte della vita che è
la morte.
***
Insomma,
la cremazione come estrema e ultima deriva per inverare nella vita dell’uomo il
cedimento alla mendace lusinga del serpente antico: sarete come Dio.
***
Dal 1961 in poi, cade però
il veto da parte della Chiesa Cattolica a questa pratica.
Il tempo non passa invano.
Mentre, proprio con il
passare del tempo, ci si rende conto di come sia, semmai, la (solo presunta) “inumazione”
apparente dei cadaveri a porsi in antitesi – interponendosi altresì alla
naturale evoluzione biologica - al precetto “memento homo, quia pulvis eris et
in pulverem reverteris”.
Sappiamo, infatti, che la
tumulazione nei “moderni” cimiteri entro bare zincate e sottovuoto, di fatto
pervenga alla conservazione “eterna” delle salme, nelle condizioni che mai si
darebbero in natura, certo non “immaginate” dalla provvidente Sapienza
creatrice.
Insomma,
un Dio capace di stupirsi sarebbe rimasto in qualche modo sorpreso rispetto
alla piega che avrebbero molto tempo dopo preso le cose.
Poi,
con tutto quello che ha da pensare, forse non si è mai troppo curato di mettere
a posto anche queste minime cose, ma dobbiamo concedere anche a Lui qualche margine
di autonomia nel dettare l’agenda delle priorità.
***
Non trascurabili, inoltre, le
derive “urbanistiche”, le quali da tempo pongono
un po’ tutti di fronte ad una evidenza semplice: i cimiteri come li conosciamo
ora sono piccole cittadine che non si sa per quanto tempo ancora potranno
reggere alla pressione dell’espansione urbana, in ogni singola realtà locale.
***
Sicchè
ormai tutto pare convergere verso lo sdoganamento pieno, senza “se” e senza “ma”
della pratica di cremare le spoglie dei nostri cari.
Che in
vita così abbiano disposto e detto chiaramente di volere: ed anche questo è un
punto cardine invalicabile.
***
E’ dunque plausibile – è il
modesto parere di chi scrive, cremazionista convinto – che le Amministrazioni
Pubbliche e quelle Locali in particolare, si preoccupino di dare risposte ad
una domanda che è crescente.
Né – è sempre
il parere di chi scrive, questa volta, però, con qualche presunzione di
oggettività in più – pare conferente sostenere qualcosa che suoni più o
meno così: il “mercato” delle cremazioni è ormai saturo.
Ci sono già tanti forni crematori in Piemonte,
costruirne altri rischia di portare, nel medio periodo, ad una crisi nel
rapporto tra domanda ed offerta, condannando le imprese di gestione a conti
economici asfittici, con tutto ciò che segue, non escluse le prevedibili
chiusure e sospensioni delle attività e, insomma, altri problemi per gli stessi
Enti Locali, nonché per le famiglie.
Nulla di meno convincente.
E’ vero, infatti, il contrario.
Anche senza prendere ad esempio
Paesi come il Giappone, dove le cremazioni sono
oltre il 90 per cento delle pratiche cimiteriali, è chiaro che la disponibilità
di strutture, vicino ai luoghi di residenza, ha un effetto generativo della
domanda.
Non è vero il contrario.
Finchè una famiglia dovrà sopportare l’ulteriore
onere (organizzativo, in un momento in cui i problemi e le prove sentimentali
già sono pesanti) di una trasferta a Novara piuttosto che Bra o Torino (dove
avviene la cremazione) per poi tornare al cimitero della propria città o paese,
la scelta cremazionista sarà sempre confinata nell’ambito delle convinzioni
filosofiche.
Di più: anche
chi coltiva convinzioni cremazioniste, sapendo a quale calvario andrebbero
incontro i propri cari per esaudire le volontà di chi per tempo pensa a cosa
potrebbe accadere “dopo”, se na fa in qualche modo una ragione e rinuncia, per non gravare i superstiti di
questa prova aggiuntiva.
***
Ben venga, quindi, un tempio
crematorio in ogni città o, almeno, in ogni
Capoluogo di provincia o comunque entro ambiti
territoriali “ottimali”, (bisogna quindi studiarci
un po’ su) da ogni punto di vista.
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IL PROJECT BRUCIA IL FORNO
Sappiamo, però, che i pensieri
ispiratori della scelta vercellese erano viziati da presupposti che sono parsi
assai diversi.
In primo luogo, la
superficialità.
Era passata di qua un’ Impresa (poi
bisogna sempre vedere presentata da chi e perché) la quale aveva proposto un
miracoloso project financing.
Qualcosa come: facciamo tutto noi,
paghiamo tutto noi, voi dateci solo il terreno.
Al Comune non costa un euro e
avete il servizio.
Insomma,
un bengodi.
A
Biella è andata più o meno così.
E gli Amministratori Pubblici
tutti garruli e felici: che bello che bello.
Che
bravi che bravi.
E giù a
scrivere e sottoscrivere impegni per un project financing che – se il caso di
Biella insegna qualcosa – aveva tutta l’aria di esserne una speculare
rappresentazione.
Perché il problema non sta – come
abbiamo cercato di dire – nel
dire sì o no alla scelta cremazionista.
In quel caso –
cassato il 3 aprile 2017 – la
contrapposizione fu tra la scelta (sventata) dello strumento “project” ed un
più maturo, meditato e diverso orientamento per dare una risposta seria, plausibile,
persuasiva, razionale alla domanda che c’è, ma soprattutto, ci sarà, di
cremazioni.
Perché la
scelta cremazionista non soltanto è ragionevole, ma – a nostro modesto avviso –
in un futuro prossimo ed almeno per alcuni tra i motivi che abbiamo cercato di
esporre, inevitabile.
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Ecco il
comunicato dei Codacons di Biella, Gattinara e Vercelli, che raccontano questa
brutta storia biellese.
Che a
Vercelli, per fortuna, non vedremo.
Anche
se, proprio per questo, si è perso tanto tempo, che si sarebbe potuto dedicare
ad una ricerca e poi ad un progetto, condiviso.
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Scandalo forno
crematorio di Biella – come tutelarsi e chiedere i danni
I Carabinieri del nucleo operativo,
nell’ambito di una inchiesta coordinata dal procuratore di Biella dott.ssa Teresa
Angela Camelio, hanno effettuato un blitz il 26 ottobre 2018
presso il tempio crematorio di Biella e, secondo le prime indiscrezioni,
avrebbero accertato numerose e gravi irregolarità nella gestione delle
procedure di cremazione, allo scopo di risparmiare sui costi e recuperare
materiali preziosi; sembra che i militari abbiano addirittura trovato resti
umani in alcuni scatoloni abbandonati. L’impianto Tempio crematorio di Biella,
gestito dalla SOCREBI Srl (Società Cremazione Biella) è
stato sottoposto a sequestro preventivo ed è stata emessa un’ordinanza di
custodia cautelare in carcere – gia convalidata dal Gip – nei confronti di due
persone: Alessandro Ravetti,
amministratore delegato della Socrebi, ed un suo dipendente, Claudio Feletti, 56enne di Ponderano
(Biella), ma ci si aspetta ulteriori sviluppi.
Le accuse – supportate da filmati
con telecamere nascoste – sono gravissime e vanno dalla distruzione di cadavere e violazione di sepolcro, gestione
pericolosa di rifiuti ed istigazione alla corruzione, ma potrebbero aggiungersi
altre ipotesi di reato, legate ai costi e tempi delle cremazioni: al fine di
potenziare al massimo il numero delle cremazioni, diversi corpi venivano bruciati insieme, con la conseguenza che le
ceneri consegnate ai parenti nelle urne cinerarie venivano mescolate, mentre in
altri casi venivano buttate dentro
contenitori dell’immondizia indifferenziata nei pressi del cimitero, e
le urne consegnate ai parenti contenevano
parti di sabbia invece che solo le ceneri dei loro cari: sono difatti
stati sequestrati anche ben 240 kg tra ossa e ceneri non smaltite. Inoltre per
velocizzare il ciclo delle cremazioni dei corpi – che normalmente impiega oltre
2 ore – i corpi venivano estratti dalle bare sigillate allo zinco, riducendo il
tempo necessario quasi della metà ed evitando lo spegnimento del forno e la
costosa pulizia dei filtri; in alcuni casi si frantumavano i residui di ossa dei corpi con asce e roncoli.
In pochi mesi era più che triplicato
il numero di operazioni di cremazione della Socrebi, passando così ad un
aumento di + 441 % di produzione, e ciò grazie alla violazione dei numerosi
adempimenti prescritti dalla legge, tanto che il PM ha parlato di “Una
lugubre catena di montaggio della morte, a fini di lucro”.
Il forno crematorio, del valore di
circa due milioni di euro, si trova all’interno del cimitero di Biella ed è
stato costruito proprio dalla Socrebi, società satellite dell’impresa di pompe
funebri Ravetti, in cambio della gestione
in concessione del servizio per ben 27 anni, secondo uno schema che ha
mostrato, ormai in ogni settore, il deciso sbilanciamento delle posizioni
contrattuali a favore dei concessionari.
***
L’associazione Codacons
con sedi a Biella, Vercelli e a Gattinara è immediatamente intervenuta ed è in
prima linea da giorni nel fornire informazioni e prestare assistenza legale
alle centinaia di famiglie coinvolte nella vicenda “Socrebi
Srl/Ravetti” (tempio crematorio), raccogliere adesioni e documenti per
una maxi-querela collettiva contro i responsabili e
contro gli enti pubblici preposti ai controlli, con richiesta di danni per diversi milioni di euro.
Come immediata risposta del territorio
a questo inaccettabile scandalo contro gli affetti delle persone e la morale
dei cittadini Codacons sta ricevendo centinaia di richieste ed ha nominato
consulenti scientifici di massimo livello nazionale e ingaggiato la nota
penalista biellese Avv. Alessandra Guarini per seguire e contribuire come accusa
privata alle indagini della magistratura.
Per info ed aderire subito alla
iniziativa legale di Codacons:
Numero verde dedicato 3346668078